Saluta la tua guerra,
Matilde Serao
o gente italica, anche
se ti uccide i tuoi più
bei figli, e dille che
è assai meglio, per un
giovine, per un uomo,
se esso debba perire,
di morire in campo
aperto di battaglia,
dinnanzi al nemico
che offende e fugge…
La prima ascensione
fu compiuta il 3 settembre 1868 dall’alpinista ed esploratore boemo, tenente Julius von Payer, con Coronna, Griesmayer e Haller. Nella stessa giornata essi effettuarono anche la prima salita nota del Crozzon di Lares e la prima traversata del passo di Lares.
Durante la Grande guerra, con le prime operazioni in alta quota, anche le vette e i ghiacciai finora inaccessibili diventarono prime linee del fronte, venendo perciò fortificate e presidiate stabilmente. Da questo momento anche questa zona diventerà teatro di spaventosi combattimenti.
Nella primavera del 1916 (dal 12 aprile) si svolse la cruenta offensiva italiana contro le deboli difese austriache poste sul crinale di confine nel gruppo dell’Adamello. Occupato il passo e la cima Lobbia Alta, l’attacco proseguì lungo il crinale della testata di Val di Fumo (Cresta Croce, Dosson di Genova e Monte Fumo);
il 29 e 30 aprile gli alpini avanzarono contro i passi di Folgorida e Topete con l’intento di scendere in Val Rendena dalla via più breve, posta a metà della Val di Genova e aprirsi, attraverso la Val Rendena, la strada per Trento. Gli alpini riuscirono a conquistare il Crozzon di Folgorida e di Lares e Passo di Cavento, mentre si infransero nel sangue i vari attacchi contro la linea dei Passi che saranno abbandonati dai difensori austro-ungarici solo dopo la presa italiana del Crozzon e del Passo del Diavolo (17 maggio 1916).
Le truppe italiane riuscirono a discendere in Val di Genova,
ma furono costrette a ritirarsi per il pericolo di valanghe e per le difficoltà di rifornimento, dopo aver incendiato i rifugi Bedole e Lares. Gli austriaci, la notte del 30 aprile 1916, dopo una marcia forzata da Tione occuparono stabilmente il Corno di Cavento (3402 s.l.m.), che in seguito divenne il caposaldo avanzato di tutto lo schieramento difensivo austriaco sulla Vedretta del Lares (170° Landsturm cap. Feichtner).
Dall’11 febbraio del 1917 il ten. Felix Hecht von Eleda assunse il comando del Corno di Cavento con la 1° compagnia esploratori dei Tiroler Kaiserjäger, precedentemente presidiato da una compagnia del 161° battaglione Landsturm al comando del
capitano Fahrner. L’obiettivo assegnato al ten. Hecht dagli alti comandi era quello di portare al massimo le difese del Corno di Cavento con la costruzione di una postazione sotterranea per artiglieria in grado di interdire i rifornimenti italiani sulla Vedretta della Lobbia.
Dal 21 febbraio con i primi colpi di mina ebbe inizio lo scavo di una galleria in roccia poco sotto la vetta, ad opera di una compagnia Sappeur (zappatori) comandata, dal marzo a fine maggio 1917,
dal capitano Navratil. I lavori di scavo della galleria si protrassero per circa 3 mesi causando numerosi feriti causati da incidenti da mina. Oltre che fungere da sicuro riparo in caso di bombardamento, la galleria venne in seguito trasformata in fortino, con feritoie per mitragliatrici e cannoni rivolte verso il Passo di Cavento e la Vedretta della Lobbia occupati dalle truppe italiane. Alla vigilia dell’attacco italiano la cima del Corno era armata con 2 cannoni da 7.5, con osservatorio e riflettore,
3 bombarde e alcune mitragliatrici.
Il 15 giugno del 1917, dopo un violentissimo bombardamento,
circa 1500 alpini sferrarono l’attacco contro il presidio austriaco (circa 200 uomini) del Corno di Cavento con direzioni di attacco dalla Vedretta di Lares, dalla Cresta Nord e dall’inviolato versante ovest. Una quindicina di difensori rimasero intrappolati nella galleria di vetta e si arresero agli alpini. Molti altri caddero sulla posizione e con loro il comandante Hecht. I superstiti si ritirarono nelle gallerie nel ghiaccio della vedretta di Lares e verso le vicine postazioni sul Monte Folletto.
Dopo la conquista il Corno di Cavento venne presidiato dalla 3° compagnia Volontari alpini comandata dal cap. Luigi Bresciani e successivamente rinforzata della 241° compagnia del battaglione Val Baltea. In breve tempo la cima del Corno venne trasformata in una roccaforte con la costruzione di sentieri attrezzati,
una teleferica e più di una decina di baracche dislocate sul versante nord ovest della montagna, in quanto le ex difese austriache non potevano essere utilizzate perchè completamente esposte al fuoco nemico.
Anche la caverna in roccia dovette per forza maggiore essere adattata alle nuove esigenze del fronte con la costruzione di un alto muro composto da sacchi di ghiaia davanti alle ex entrate austro ungariche.
A un anno esatto dalla conquista italiana, il 15 giugno del 1918 gli austriaci rioccuparono il Corno di Cavento attaccando dalla Vedretta di Lares, dopo lo scavo di una galleria nel ghiaccio che arrivava fin sotto le prime linee italiane (Bergführerkompanie Nr. 12 e Hochgebirgskompanie Nr. 29); anche in questa occasione nella galleria di vetta vennero fatti dei prigionieri, ma questa volta italiani;
il comandante del presidio del Corno di Cavento, Fabrizio Battanta, riuscì però miracolosamente a fuggire verso il Passo di Cavento.
La riconquista e l’occupazione austriaca durò circa un mese. Il 19 luglio 1918 il presidio venne annientato dopo un poderoso attacco italiano portato su tutti i versanti della montagna. Nella galleria di vetta morì il comandante della guarnigione austriaca Franz Oberrauch orrendamente ferito dalle esplosioni; gran parte dei difensori vengono fatti prigionieri e solo pochi riuscirono a ritirarsi sulle posizioni del Folletto e nel sistema difensivo della vedretta di Lares.
Da quel momento il Corno di Cavento rimase dominio italiano sino alla fine del conflitto e per alcuni giorni dopo la firma dell’armistizio fu presidiato dagli alpini della 311° compagnia.